Afghanistan: alpino ucciso da cecchino, Anavafaf chiede inchiesta

Si chiamava Matteo Miotto, 24 anni, di Thiene (Vicenza), il militare italiano ucciso stamani da un cecchino, mentre era di guardia a una torretta. Era in forza al 7mo reggimento alpini di Belluno il caporal maggiore Matteo Miotto, che si trovava in Afghanistan da luglio. Assieme agli uomini del suo reparto e a una componente del genio era impiegato nella Task Force South East, la task Force italiana che dal primo settembre ha iniziato ad operare nell'area al confine con l'Helmand. Il caporal maggiore Miotto, secondo le prime informazioni, era un volontario con ferma prolungata (quattro anni di servizio). Il militare italiano è stato ucciso "a seguito di un colpo di arma da fuoco" mentre si trovava "all'interno della base" di Buji, dove prestava servizio. Lo si apprende da fonti militari. Il proiettile, riferiscono le stesse fonti, è penetrato in prossimità della spalla, nella parte lasciata scoperta dal giubbetto, ed ha raggiunto organi vitali. Nonostante i soccorsi, immediati, non c'é stato niente da fare. I fatti sono avvenuti alle 15, ora locale. Non convince Falco Accame, presidente dell'Associazione nazionale assistenza vittime arruolate nelle forze armate (Anavafaf), la versione dell'attentato. "La questione del soldato italiano ucciso in Afghanistan mentre faceva la guardia in garitta - si legge in una nota - lascia profondamente perplessi, almeno in relazione alla versione ufficiale che è stata fornita: in primo luogo perché la garitta è una struttura protetta (o almeno deve essere tale) e non si capisce quindi come un colpo di un cecchino possa esservi penetrato e in secondo luogo perché il giubbotto antiproiettile deve coprire le parti vitali del corpo. Non resta da pensare quindi che non fosse della foggia prescritta o non possedesse le caratteristiche dovute". L'associazione, quindi, "chiede che venga aperta una approfondita inchiesta sulla vicenda".

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