Estorsioni, usura, ricettazione, furti e danneggiamenti, sono alcune delle attività in cui era attivo il "Gruppo Alfieri", la cosca mafiosa annientata dalla Squadra mobile di Caltanissetta al termine dell'operazione "Inferis", così denominata perché i suoi appartenenti
scatenavano un vero e proprio inferno con i loro attentati. Sono 28 le ordinanze di custodia cautelare eseguite dagli agenti, 24 in carcere e 4 ai domiciliari. Gli arrestati, in maggioranza legati da rapporti di parentela tra loro e con il boss, sono accusati di associazione mafiosa finalizzata a commettere delitti e, principalmente estorsioni, furti, danneggiamenti col fuoco, usura, occupazione abusiva di immobili. L'organizzazione criminale era inquadrata nella cosca "Emanuello" della Stidda gelese, dalla quale si era però distaccata costituendo un'entità autonoma, guidata dal boss Giuseppe Alfieri, in carcere da alcuni anni. Nonostante fosse detenuto, il capo del gruppo continuava ad impartire le sue direttive attraverso pizzini scritti su fazzoletti di carta. I "postini" erano i suoi visitatori, in particolare la moglie e l'amante che era anche la sua portavoce e aveva un ruolo fondamentale all'interno dell'organizzazione. Era lei infatti che nascondeva le armi, prestava denaro a usura, ricettava la refurtiva e occupava gli immobili.
scatenavano un vero e proprio inferno con i loro attentati. Sono 28 le ordinanze di custodia cautelare eseguite dagli agenti, 24 in carcere e 4 ai domiciliari. Gli arrestati, in maggioranza legati da rapporti di parentela tra loro e con il boss, sono accusati di associazione mafiosa finalizzata a commettere delitti e, principalmente estorsioni, furti, danneggiamenti col fuoco, usura, occupazione abusiva di immobili. L'organizzazione criminale era inquadrata nella cosca "Emanuello" della Stidda gelese, dalla quale si era però distaccata costituendo un'entità autonoma, guidata dal boss Giuseppe Alfieri, in carcere da alcuni anni. Nonostante fosse detenuto, il capo del gruppo continuava ad impartire le sue direttive attraverso pizzini scritti su fazzoletti di carta. I "postini" erano i suoi visitatori, in particolare la moglie e l'amante che era anche la sua portavoce e aveva un ruolo fondamentale all'interno dell'organizzazione. Era lei infatti che nascondeva le armi, prestava denaro a usura, ricettava la refurtiva e occupava gli immobili.
Via: Polizia di Stato
Foto dal web
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