La "significativa attività di depistaggio" attorno alla strage di Ustica deve considerarsi "definitivamente accertata". La Cassazione, a distanza di quasi 33 anni dal disastro, sembra dare giustizia ad Aldo Davanzali,, patron dell'Itavia, fallita sei mesi dopo il disastro del giugno del 1980. Ora la Terza sezione civile, sentenza 23933, ha accolto il ricorso degli eredi di Davanzali, disponendo un nuovo esame della vicenda davanti alla corte d'appello di Roma. "Risulta oltretutto perfino irrilevante ricercare la causa effettiva del disastro, nonostante la tesi del missile sparato da aereo ignoto, la cui presenza sulla rotta del velivolo Itavia non era stata impedita dai ministeri della difesa e dei trasporti, risulti ormai consacrata pure dalla giurisprudenza" della Cassazione. Scrivono così i supremi giudici in un passaggio con la quale hanno disposto un nuovo processo per valutare la responsabilità dei ministeri della Difesa e dei Trasporti nel fallimento della compagnia aerea Itavia. Ai Davanzali, che avevano fatto ricorso, la Corte di appello di Roma, sia in primo che in secondo grado, aveva sbarrato la strada alla richiesta di risarcimento danni allo Stato, nonostante i depistaggi. Gli eredi di Davanzali si sono battuti con successo in Cassazione, insistendo "nella prospettazione del depistaggio - mediante omertà e menzogna - sulla tesi del cedimento strutturale del velivolo".
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