Imprenditori strozzati dalle estorsioni e schiacciati dal potere di Cosa Nostra, al quale non si ribellano. È il quadro emerso dall'operazione antimafia "Grande passo", condotta dai carabinieri tra Corleone e Palazzo Adriano, in provincia di Palermo, e che ha portato all'arresto di 5
persone. Dalle indagini è emerso che gli imprenditori subiscono passivamente la pressione delle cosche, tanto che nessuna vittima ha denunciato gli estorsori. Il procuratore aggiunto di Palermo, Leonardo Agueci: "Questo dimostra come la presenza e la potenza di Cosa nostra nei territori locali sia ancora fortissima". Il pagamento del pizzo è sistematico, la percentuale da versare è il 3% dell'importo complessivo incassato da un'azienda ma in alcuni casi, oltre al denaro, si pretende l'assunzione di persone vicine al clan e l'acquisto di materie prime da imprenditori indicati dalla mafia. Al vertice del clan corleonese c'era Antonino Di Marco, dipendente comunale di 58 anni incensurato, fratello dell'autista di Ninetta Bagarella, moglie di Totò Riina. Di Marco, custode del campo sportivo, avrebbe controllato la gestione degli appalti sul territorio di Palazzo Adriano per conto dei vertici del mandamento. "I Riina in questo momento sono appartentemente fuori gioco - dice Agueci - ma non si può pensare che siano estranei al controllo del loro territorio tradizionale".
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