Sono in tutto 23 le persone arrestate e 50 i milioni di euro di beni sequestrati nell'ambito dell'operazione della Dda etnea contro Cosa nostra. Dall'inchiesta è emerso come proprio la mafia catanese fosse in affari con una società riconducibile ad Amedeo Matacena per la gestione
dei traghetti sullo Stretto di Messina. Secondo quanto ricostruito, una società, facente capo in realtà agli Ercolano e ai fratelli Aiello, aveva stipulato con un'altra società riconducibile a Matacena un contratto di affitto di tre navi da utilizzare come vettori per i collegamenti tra la Sicilia e la Calabria. L'attività si protrasse con ottimi risultati nei mesi a cavallo tra gli anni 2005 e 2006, fino a quando, per ragioni legate a scelte effettuate da un'altra società estranea alle indagini, si interruppe improvvisamente la navigazione. L'inchiesta ha riguardato l'evoluzione di Cosa nostra subito dopo l'indagine "Iblis" e ha confermato la vocazione imprenditoriale della famiglia catanese, infiltratasi in vari settori tra cui i trasporti, per iniziativa del boss Enzo Ercolano, il quale ha operato con la collaborazione di altri indagati. Nell'ambito dell'operazione "Caronte" sono stati sequestrati 31 imprese, 7 beni immobili e 4 autoveicoli. Il sequestro colpisce il patrimonio dell'associazione mafiosa, non solo nelle province di Catania, Palermo e Messina, ma anche nelle province di Napoli, Mantova e Torino.
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