Con una dichiarazione ufficiale il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, ha confermato "con profonda tristezza" la morte di Kayla Mueller, cooperante catturata dai guerriglieri dell'autoproclamato Stato islamico ad Aleppo, in Siria, nell'agosto del 2013. La 26enne, volontaria per
l'ong di Ankara "Support to Life", prestava servizio in Siria e Turchia. Era stata rapita insieme a un gruppo di altri cooperanti, poi rilasciati. Durante i lunghi mesi di prigionia, Kayla aveva scritto una lunga lettera ai familiari, in cui si scusava per il dolore loro provocato e si diceva serena e combattiva. I Jihadisti avevano annunciato la sua morte sotto le bombe giordane su Raqqa, dove era detenuta, lo scorso 6 febbraio. Durante il weekend passato, la famiglia ha ricevuto dai carcerieri alcune foto del suo corpo, giudicate attendibili dall'intelligence americana. Per il Pentagono, "non ci sono dubbi", la morte della giovane cooperante americana è stata causata dall'Isis, non da un raid dei caccia giordani. Lo ha detto il portavoce del Dipartimento della Difesa, ammiraglio John Kirby. Nelle mani dell'Isis ci sarebbe un altro ostaggio di nazionalità statunitense. Lo rende noto il portavoce della Casa Bianca, Josh Earnest, nel giorno della conferma della morte della cooperante Usa. Il rapito sarebbe l'ex marine e giornalista freelance Austin Tice, dato per sequestrato in Siria sin dal 12 agosto 2012.
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