E' accusato di aver ucciso e sciolto nell’acido l’ex moglie, “rea” di aver denunciato un noto clan della ’ndrangheta calabrese. Ma l’avvocato per difendersi nel processo glielo paga lo Stato. L’imputato è Carlo Cosco, ritenuto il mandante dell’omicidio di Lea Garofalo, la collaboratrice di giustizia rapita a Milano nel novembre del 2009 e poi torturata e sciolta in 50 litri di acido in Brianza. Il processo è cominciato lo scorso luglio. E' stato lo stesso Cosco a scegliere l'avvocato. Per essere ammessi al gratuito patrocinio, l’ultimo reddito annuo dichiarato non può superare i 10.628,16 euro. Ed è ciò che ha fatto Cosco. Non si sa, dunque, dove Cosco avrebbe preso i 200mila euro promessi alla figlia Denise, principale accusatrice del padre nel processo (seguendo l'esempio di sua madre), per convincerla a tornare a Milano. "Il problema", dice Ilaria Ramoni, referente per Milano di associazione “Libera”, "è che nell’accusa è caduta l’aggravante mafiosa, altrimenti l’imputato non avrebbe ottenuto l’avvocato gratuito". Si tratterrrebbe, insomma, di un omicidio “normale”. Dalle ricostruzioni delle indagini sulla morte di Lea Garofalo, però, la rete di relazioni della famiglia calabrese risulterebbe tutt’altro che normale.
Tratto da Libero News
Foto dal web
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