Ha negato l'evidenza, ha detto che non faceva spesso "lampade" e si abbronzava lavorando in cantiere, mentre i gestori del centro estetico, distante 150 metri dalla casa di Yara Gambirasio, hanno raccontato, con tanto di documentazione, che lo frequentava ben due volte
a settimana. Ed è proprio questa bugia di Massimo Giuseppe Bossetti, associata ad un'altra incongruenza importante nel suo verbale e ad una serie di testimonianze, che, secondo investigatori ed inquirenti, assume un peso rilevante nel quadro accusatorio a carico del presunto omicida della tredicenne. Se le architravi dell'accusa si basano sulla prova del Dna, sulla polvere di calce ritrovata addosso alla ragazzina e sulla cella telefonica agganciata dal cellulare del muratore di Mapello quel pomeriggio del 26 novembre 2010, gli investigatori di polizia e carabinieri hanno raccolto in queste due settimane molti altri elementi. E lo hanno fatto partendo anche da alcune parole dette dal carpentiere nell'interrogatorio davanti al gip che non hanno convinto lo stesso giudice. Intanto, i legali di Bossetti hanno spiegato che rifletteranno fino all'ultimo prima di presentare l'istanza di scarcerazione. "Strategia difensiva'', questo il motivo che avrebbe spinto gli avvocati di Massimo Giuseppe Bossetti, Silvia Gazzetti e Claudio Salvagni, a non presentare il ricorso al Tribunale del Riesame.
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