Doveva finire come l'11 Settembre a New York - ma 16 anni prima - con un aereo a schiantarsi su Tel Aviv. Invece fu la seconda strage dell'aeroporto di Fiumicino, con modalità che ricordano quella di Parigi a novembre. Era la mattina del 27 dicembre 1985 quando un gruppo
di terroristi legati alla fazione palestinese di Abu Nidal assaltò con bombe a mano e kalashnikov la sala dei check-in della compagnia israeliana El Al e della statunitense Twa, sparando sulla gente in fila o al bar. Nello scontro a fuoco con i Poliziotti e la sicurezza israeliana morirono sedici persone: 12 passeggeri, 3 terroristi e un addetto israeliano; 80 i feriti. Secondo alcune fonti, avallate dal giudice Rosario Priore che indagò, il commando doveva prendere un aereo e farlo precipitare su Israele. Come avrebbero poi fatto nel 2001 i kamikaze di Osama Bin Laden in America. Ma i terroristi furono scoperti e vennero neutralizzati in aeroporto. "Sapevamo che nessuno di noi sarebbe uscito vivo", ha detto anni fa Ibrahim Khaled, l'unico dei quattro a essere catturato. Condannato a 30 anni, ha collaborato, chiesto perdono e di recente è tornato libero. Il massacro dell'85 arrivò 12 anni dopo quello del 17 dicembre 1973, sempre a Fiumicino e da parte dei palestinesi di Settembre Nero, con trentaquattro vittime e modalità diverse: due bombe incendiarie gettate dentro un aereo pieno fermo sulla pista.
Via: ANSA
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