Via libera definitivo del Senato al ddl sulla tutela delle vittime di violenza domestica e di genere, il cosiddetto Codice rosso. Il provvedimento, che ieri ha incassato l'ok definitivo del Parlamento e che con la pubblicazione in Gazzetta ufficiale sarà quindi legge, ha ottenuto 197 sì, 47
astensioni e nessun voto contrario. A favore hanno votato M5S, Lega, Fi, Fdi e Gruppo delle Autonomie. Pd e Leu si sono astenuti contestando gli effetti positivi annunciati, perché è una legge a costo zero e non stanzia risorse. "Il Codice Rosso, a cui hanno lavorato i ministri Giulia Bongiorno e Alfonso Bonafede che ringrazio, è un modo per non far sentire le donne sole e indifese. Non è la soluzione definitiva, e ne siamo consapevoli. Ma è un primo importante passo, che mi rende orgoglioso, nella direzione della rivoluzione culturale di cui il nostro Paese ha fortemente bisogno". Lo ha dichiarato via Facebook il premier Giuseppe Conte. Il Codice rosso non punta solo su un generalizzato inasprimento delle pene per combattere il dilagare di violenze, maltrattamenti e femminicidi, ma agisce sul "fattore tempo" come elemento determinante per scongiurare l'esito irreparabile che, ormai con cadenza quotidiana, viene riportato dalle cronache. Il disegno di legge si compone di 21 articoli che, come fa notare una relazione del Servizio Studi del Senato, "individuano un catalogo di reati attraverso i quali si esercita la violenza domestica e di genere e, in relazione a queste fattispecie, interviene sul codice di procedura penale al fine di velocizzare l'instaurazione del procedimento penale e, conseguentemente, accelerare l'eventuale adozione di provvedimenti di protezione delle vittime". Gli articoli da 1 a 3 del ddl intervengono sul Codice penale prevedendo, a fronte di notizie di reato sui delitti di violenza domestica e di genere che la polizia giudiziaria, acquisita la notizia di reato, riferisca immediatamente al pubblico ministero, anche in forma orale. Alla comunicazione orale seguirà senza ritardo quella scritta. Il pubblico ministero, entro tre giorni dall'iscrizione della notizia di reato, assume informazioni dalla persona offesa o da chi ha denunciato i fatti di reato e nel caso scattano le indagini di polizia giudiziaria. La lotta al Revenge porn è un altro aspetto innovativo della legge, che punisce chi realizza e diffonde immagini o video privati, sessualmente espliciti, senza il consenso delle persone rappresentate per danneggiarle a scopo di vendetta o di rivalsa personale. Sanzionato anche chi "condivide" le immagini on line. Il reato viene punito con la reclusione da uno a sei anni e con la multa da euro 5.000 a euro 15.000 e prevede una serie di aggravanti nel caso, a esempio, se il reato di pubblicazione illecita è commesso dal coniuge, anche separato o divorziato o da una persona che è o è stata legata da relazione affettiva alla persona offesa.
Via: AdnKronos
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