Yara, ricostruiti gli ultimi attimi: fuga, inseguimento, omicidio

Yara Gambirasio tentò di sfuggire all’assassino correndo tra le sterpaglie di Chignolo d’Isola ma fu raggiunta, ferita, fiaccata e strangolata. Riuscì in qualche modo a scappare dall’auto che l’aveva portata prigioniera sul campo di via Bedeschi e si lanciò verso le luci dei vicini capannoni industriali perché l’istinto le fece intravedere, in quel chiarore vicino eppure lontanissimo, la possibile salvezza. Il “mostro” tuttora senza volto però le fu addosso in un attimo. Quando l’ebbe raggiunta, la afferrò da dietro per il giubbotto. Le assestò un paio di fendenti che la presero di striscio alla schiena. La ragazzina cercava di divincolarsi, quando un secondo colpo le arrivò alla gola. Fu allora che cadde e fu allora che lo sconosciuto le fu sopra a cavalcioni per finirla. Qualunque cosa impugnasse, un coltello, un cacciavite o chissà che altro, la vittima continuava a dibattersi disperata e allora l’assassino lasciò cadere l’arma, si abbandonò alla forza selvaggia dell’animale e strinse le mani attorno al collo della piccola ginnasta di Brembate Sopra finché non la vide immobile per sempre. Gli investigatori al lavoro a Bergamo, dieci giorni dopo la scoperta del corpo, credono di aver ricostruito («Con una certa approssimazione», ammettono) gli ultimi istanti della piccola Gambirasio.

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