La tensione in Egitto sfocia in un bagno di sangue che sembra l'anticamera di una vera e propria guerra civile. La polizia ha infatti affrontato con le armi i presidi dei sostenitori del presidente deposto Mohammed Morsi ed è stata una strage. La presidenza
della Repubblica, dopo gli scontri, ha proclamato un mese di stato di emergenza. I morti accertati sono più di cento, ma per i Fratelli Musulmani questo numero sale fino a oltre duemila vittime. Al di là della guerra delle cifre, resta un Paese spaccato, nel quale i militari si trovano di fronte a scelte cruciali, come spiega Hisham Hellyer del Brookings Institute. "Il governo - secondo lo studioso - deve capire che per rendere l'Egitto stabile devono al più presto riformare il ministero dell'Interno e il piano delle riforme deve necessariamente includere, nei limiti della legge, anche la Fratellanza". Nonostante le grandi manifestazioni di massa, però, il professore parla di un sostegno limitato dell'opinione pubblica al movimento di Morsi. "Il pubblico - conclude Hellyer - è decisamente dalla parte dei militari e ha molto poca simpatia per i Fratelli musulmani". Intanto, però, nelle piazze si continua a combattere e a morire e la crisi egiziana rischia di trasformarsi in un tragico buco nero. E' dichiarato lo stato d'emergenza della durata d'un mese e il coprifuoco notturno dalle 19 alle 6 di mattina sulle principali città.
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