L'uomo è accusato di omicidio volontario aggravato dai motivi abietti e futili, dalla crudeltà, dal nesso teleologico e dalla minorata difesa. La svolta nelle indagini è arrivata nei mesi scorsi dopo la testimonianza resa agli inquirenti da un'amica di Lidia e del suo presunto assassino. Il 10 gennaio 1987, giorno dei funerali della studentessa, venne recapitata alla famiglia Macchi una lettera anonima contenente una poesia dal titolo "in morte di un'amica". Il testo conteneva "una descrizione quasi minuziosa della scena del crimine" e proprio per questo la prima impressione dei familiari di Lidia era che "fosse stato scritto proprio dall'assassino". La stessa poesia è stata poi pubblicata a giugno scorso sulle pagine de "La Prealpina". L'amica restò subito impressionata: "Mi colpiva la grafia - si legge nella deposizione del 24 luglio 2015 - in quanto da subito mi è parsa familiare". La perizia grafologica disposta dagli inquirenti ha poi evidenziato "concrete analogie" tra le cartoline spedite 30 anni fa da Binda all'amica e la poesia. Lo scorso 29 settembre è scattata una perquisizione nell'abitazione del presunto assassino che, come precisa il Gip, ha portato al sequestro di "numerosi reperti ritenuti d'interesse investigativo". Binda, ex compagno di liceo della vittima, avrebbe prima violentato la ragazza e poi l'avrebbe uccisa con 29 coltellate perché sarebbe stato convinto che lei si era concessa e che non avrebbe dovuto farlo per il suo "credo religioso".
Immagine: La Presse
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